Bentrovati a tuttə,
oggi Roma tornerà a riempirsi di corpi, voci, passi: la manifestazione di NonUnadiMeno contro il femminicidio e la violenza strutturale che lo precede. Ogni volta che una piazza si muove, ogni volta che un corteo attraversa una città, ci piace pensare che accada qualcosa di irripetibile: un’energia collettiva che finalmente dice «basta» dove le istituzioni hanno taciuto. Eppure, la vera sfida comincia sempre il giorno dopo.
Che cosa succede quando i cartelli vengono riposti, quando le strade si svuotano, quando l’onda si ritira?
La partecipazione politica è potente, ma non basta.
È necessaria, ma è fragile se resta confinata all’evento. Perché la violenza di genere, quella che domani scenderemo in piazza a denunciare, non nasce nei grandi fatti di cronaca: germoglia nelle micro-pratiche quotidiane, negli sguardi che minimizzano, nei silenzi familiari, nei ruoli assegnati senza che ce ne accorgiamo. E allora immaginare il “dopo” significa proprio questo: chiedersi cosa possiamo trasformare nella nostra vita di tutti i giorni affinché il corteo non si esaurisca, ma continui a camminare attraverso di noi.
La clinica lo racconta chiaramente: la violenza non si combatte solo con leggi migliori (che servono, certo) ma con relazioni più sane, con educazione emotiva, con la capacità di nominare il potere quando agisce in modo distorto. E questo inizia molto prima dell’età adulta. Inizia nelle case, nelle scuole, nei cortili dove i bambini osservano, imitano, apprendono.
I bambini interiorizzano i nostri comportamenti tra cui le asimmetrie e i ruoli di potere: chi comanda, chi compiace, chi parla e chi tace.
Se non lavoriamo lì, finiamo per fare prevenzione sempre troppo tardi.
Parlare di femminicidio con i bambini non significa esporli alla brutalità. Significa offrire un linguaggio. Significa dare loro strumenti per riconoscere quando qualcosa non è giusto: un rispetto non reciproco, un’amica derisa, un compagno che zittisce. Significa insegnare che la gentilezza non è debolezza, che il consenso non è un tecnicismo da adulti, che il corpo dell’altro non è mai territorio di conquista. E questo spesso avviene nelle micro-scelte: come dividiamo i compiti in famiglia, che giochi proponiamo, come reagiamo quando un bambino interrompe una bambina, quali scuse adultizzanti utilizziamo ancora (“i maschi sono così”).
Se pensiamo alla piazza di oggi come a un luogo separato, rischiamo di perderne la forza. Ma se pensiamo che quel corteo possa entrare nelle scuole, nelle riunioni di condominio, nei gruppi WhatsApp dei genitori, allora cambia tutto. Perché la politica, quando diventa relazione, è capace di incidere lì dove la legge non arriva: nei gesti minimi che strutturano una cultura.
Immaginare il dopo significa anche sottrarre la cura al destino privato in cui troppo spesso viene confinata. Non possiamo continuare a delegare la prevenzione della violenza alle singole famiglie, alle singole donne, alle singole insegnanti. Serve costruire alleanze: tra genitori, tra scuola e territorio, tra servizi educativi e consultori. E’ necessario creare spazi stabili in cui si possa nominare la fatica, il limite, la paura, senza essere giudicati. Perché il silenzio è uno dei primi complici della violenza.
Saremo in piazza per affermare che il femminicidio non è un’emergenza, ma il punto finale di una catena culturale che possiamo spezzare solo insieme. Il giorno dopo, però, saremo nelle nostre case e nelle nostre scuole: luoghi in cui possiamo scegliere, ogni giorno, di ridurre la distanza tra la politica che desideriamo e la vita che viviamo.
Allora la domanda che vi lascio è semplice ma scomoda:
che cosa, nella nostra quotidianità, riflette ancora l’asimmetria che domani andremo a contestare?
Se riusciamo a rispondere a questa domanda — con onestà, con coraggio, anche con imperfezione — forse la piazza non avrà camminato invano.
E forse i bambini, che oggi guardano gli adulti manifestare, domani erediteranno un Paese dove il rispetto non è un’eccezione ma un’abitudine.
Ci vediamo sabato prossimo.
Sempre qui, sempre senza risposte facili
Doc