#Civediamovenerdi
14º Appuntamento
Oggi parliamo di separazione.
Più o meno grande. Più o meno dolorosa.
La separazione (come l’attaccamento ma magari lo vedremo meglio in un appuntamento dedicato) è uno dei grandi temi delle psicoterapie.
La separazione è un tema centrale nel legame madre-bambino, il rapporto che si crea nella diade nei primi mesi sarà la base per la vita futura del piccolo e della relazione.
Si, quella storia che ci si gioca buona parte della nostra struttura di personalità nei primi mesi di vita è vera.
Ma nulla è irrimediabile.
La separazione appare come un processo necessario e fondamentale dell’autonomia dei piccoli prima e degli individui poi.
Uno degli strumenti della relazione genitori-figli che semina nel grande parco dell’autostima. Crescere individui capaci di stare nella separazione è molto impegnativo ma estremamente più remunerativo e gratificante.
Vuol dire far camminare il proprio bambino sin da subito con le sue gambe, sostenendolo ma non facendo mai al suo posto. Supportandolo nella crescita senza mai sostituirlo.
Vuol dire lasciare che sperimenti l’utilizzo delle posate durante i pasti con il rischio (certezza) di trovarsi la cucina inzaccherata dalla prima all’ultima mattonella al posto di imboccarlo e avere il controllo della situazione e la cucina sistemata.
Vuol dire uscire per una passeggiata e farlo camminare, giocare con la terra, le pozzanghere, tornare a casa e metterlo nella doccia con tutti i vestiti. Vuol dire sostenerlo negli sport anche se ci si deve svegliare alle 7 di mattina di domenica e farlo uscire la sera in adolescenza con amici che conosciamo a malapena ma affidandoci al rapporto costruito fino a quel momento. Sapendo che avrà bisogno di sbagliare (forse molto) e che dovremo esser pronti ad accoglierlo e supportarlo, qualunque cosa accada.
Essere un porto sicuro in cui tornare ma da cui poter andare via per viaggiare in nuovi mari. Vuol dire dirgli bravo dal primo giorno, anche se si separa sempre un po’ di più da noi.
Se diventa sempre più autonomo, sempre più altro da noi. Stare nella separazione vuol dire non disgregarsi nell’assenza dell’altro.
Cioè?
Significa individuarsi come persone, definirsi, lavorare sulla propria identità. Sapere dove si inizia e finisce, quali sono le nostre caratteristiche nel bene e nel male. Saper stare nella separazione significa non rompersi internamente se una relazione finisce, non stalkerare l’ex fidanzat*.
Come diceva la mia terapeuta “nulla si stacca bene se non si attacca bene”. Quindi è necessario per separarsiadeguatamente quello di “attaccarsi” adeguatamente ovvero stare con l’altro sapendo che è altro da noi, ma che è presente. Vicino e supportivo. Di fianco ma non addosso.
L’attaccamento può essere definito come un sistema dinamico di comportamenti che contribuiscono alla formazione di un legame specifico fra due persone, che trova le sue origini arcaiche nel legame con le figure genitoriali. Sapersi separare è legato alla capacità di individuarsi ovvero definirsi come individuo, come singolo, significa dar luogo e vita alla realizzazione del proprio desiderio.
Conoscersi, realizzarsi, prendersi cura di se stessi fa bene a noi e a chi abbiamo attorno.
A Venerdì,
Doc.
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