#Civediamovenerdi /24

#Civediamovenerdi              

24º Appuntamento 

Le molestie sessuali, in quanto discriminazioni fondate sul sesso, violano il principio della parità di trattamento fra uomini e donne. 

Il catcalling è una molestia sessuale.

Facciamoci aiutare dall’Accademia della Crusca: “si forma dal verbo (to) catcall, documentato insieme al nome corrispondente catcall già a partire dalla seconda metà del Settecento per indicare rispettivamente l’atto di fischiare a teatro gli artisti sgraditi e il fischio di disapprovazione stesso. Il sostantivo catcall, nel significato originario di ‘verso che i gatti fanno di notte’, è attestato dalla seconda metà del Seicento.”

Il catcalling dunque fa parte della costellazione di atteggiamenti non richiesti: commenti volgari, fischi, schiocchi, sorrisi e attenzioni verso una persona sconosciuta. 

Perchè lo chiamiamo cat calling e non molestia sessuale?

L’Accademia fa un ragionamento molto interessante, ovvero ci delinea il quadro del “quando” viene inserito all’interno della nostra lingua un termine anglofono o comunque nuovo; ovvero quando si dà un nome a una serie di cose che prima non esistevano e che dunque non trova un corrispettivo già presente in Italiano. Un esempio è sicuramente qualcosa che viene inventato o scoperto. 

Questo non è il caso, delinea l’Accademia della Crusca, del termine catcalling, in questo caso infatti il termine dà un nome unico ad un insieme di comportamenti che esistono da tempo e che tutti conoscono, ma che vengono dal termine stesso accomunati punteggiando sul cambiamento dell’atteggiamento rispetto alla costellazione di cui parlavano sopra.  

Sono sicuramente comportamenti “sempre esistiti” direbbe qualcuno, ma che fortunatamente dopo anni di cambiamenti culturali, abbiamo a disposizone una nuova angolatura del fenomeno all’interno del discorso sociale e politico. Bada bene nel dire politico mi riferisco alla politica sociale, collettiva e partecipata. Non mi riferisco ai DDL, ma alle persone che abitano il corpo sociale e che permettono con il loro lavoro quotidiano di seminare ed aiutare a seminare. 

Sono tante, tantissime le ragazze, le donne che possono testimoniare di aver vissuto anche solo una volta nella vita una molestia sessuale. 

Uso questo termine perché ho un pò il timore (probabilmente con gli occhiali del clinico) che il termine inglese (preciso e ben definente) permetta un pò troppo facilmente al molestatore di distanziarsi dall’angoscia di esserlo stato almeno una volta nella vita. 

E invece come per tutti i cambiamenti è necessario toccarli con mano ed elaborarli per evolvere. 

Ognuna di quelle donne che è passata davanti ad un bar, negozio, ufficio, cantiere, parcheggio si è sentita fischiare, commentare; si è sentita a disagio e molestata non avendo scelto nulla delle cose che gli son piovute addosso. 

E’ difficile credo comprendere quanto sia spaventoso (ed ingiusto) correre di notte con le chiavi della macchina in mano per riprenderla dopo una serata con gli amici, farsi il problema di passare o meno in una via di sera perchè si è vestite in un certo modo. Credo sia necessario parlare sempre di più di questo tipo di molestie sessuali al fine di permettere alla vittima di reato di esprimersi e sentirsi finalmente riconosciuta e legittimata nel suo dolore, nella sua sofferenza e disagio. 
Perché ognuna di quelle ragazze, di quelle donne non pensi più che si è meritata un fischio o un commento per aver messo una gonna troppo lunga, troppo corta, un vestito troppo vistoso; che non pensi mai più di aver in qualche modo “attirato la sua attenzione” camminandogli di fianco; che cresca non pensando che sia “normale” ma che sia “osceno“; che possa insegnare ai suoi amici a non farlo perché non li rende più virili ma viscidi. Che permetta alle ragazze di essere consapevoli di essere vittima di una molestia e non autrici di qualcos’altro. 
Ancora non ci si rende conto di cosa può accadere nella psiche delle vittime di molestia sessuale: quanto ci si può sentire a disagio, sporchi, colpiti nella propria intimità, quasi svestite in mezzo alla strada.

E non parlo di tanti anni fa, parlo della settimana scorsa, a Roma, sulla Tuscolana: camminavo per raggiungere il mio compagno e un signore dalla sua macchina ha sentito il bisogno di commentare la mia persona urlandolo dalla sua macchina. 

Siate migliori di così, fatelo per voi. E non per le vostre figlie, o mogli o madri o sorelle. 
Ma per voi. Potete esser meglio di così.

A Venerdì,

Doc. 

[per domande, dubbi, perplessità 

v.tucci.studio@gmail.com]

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